IDENTIKIT
del vero ricercatore
che si riconosce nel motto
"Et si omnes, ego non"

R = ricerca
v.r. = vero ricercatore

1. Yperefania. Il v.r. si guarda dal dare inavvertitamente spazio, dentro di sé e nei rapporti con gli altri, alla tentazione di giudicarsi un essere superiore a coloro che non fanno R. Egli tiene sempre "i piedi per terra".

2. Tapeinosis Il v.r. constata che il lavoro di R gli fa toccare con mano ogni giorno i suoi limiti e accetta questa realtà. Egli è capace di dire - e quante volte lo deve dire! -: io non riesco a vedere una soluzione (tanto meno: la soluzione) per il problema che sto affrontando.

3. Afeleia Il v.r. nei suoi scritti si esprime in maniera semplice, facendo uso (salvo che motivazioni oggettive non lo costringano a procedere diversamente) del linguaggio comune; non cerca di elevarsi sopra gli altri ricorrendo ad un linguaggio da iniziati.

4. Akroasis Il v.r. desidera ascoltare gli altri e impara ad ascoltare gli altri, perché sa che il lavoro di R porta a risultati durevoli soltanto se si avvale dei contributi di molte voci, senza escluderne nessuna a priori.

5. Pistis Il v.r. fino a prova contraria (prova provata) ha fiducia in coloro che lo hanno preceduto nella R quale che sia la "scuola" a cui appartengono, perché sa che non si può fare R diffidando pregiudizialmente degli altri.

6. Kindynos Il v.r. sa che fare R significa vivere un'avventura: egli sa da dove parte per la sua R, ma non sa dove arriverà (non sa neppure se la R arriverà da qualche parte).

7. Andreia Il v.r. mette in conto che nel suo lavoro andrà incontro anche a delusioni (che potranno nascere da lui stesso o dalla R in cui si impegna o dai rapporti con altri studiosi): ma egli non si arrende, perché sa che la R è una delle vie (non l'unica!) per realizzare se stesso nella prospettiva di giovare agli altri.

8. Synergia Il v.r. nei rapporti con gli altri studiosi e anzitutto con i colleghi del gruppo mette a disposizione le sue competenze con generosità, tutte le volte che ne scorga l'opportunità, senza attendere che gliene venga fatta richiesta.

9. Parresia Il v.r. sa che sul piano della R non esistono gerarchie tra le persone che alla R si dedicano e sa pure che nello svolgimento del suo lavoro devono entrare esclusivamente considerazioni riguardanti la R stessa. Egli non è disposto a piegare la R a strumento o occasione per raggiungere scopi che nulla hanno a che fare con la R. Perciò la libertà di parola è la sua stella polare.

Torino, primo giorno della primavera del 1995.
Italo Lana

[L'identikit è stato pubblicato nei Quaderni del dipartimento di Filologia Classica di Torino, n.s. 1, Pàtron Editore, Bologna 2002]

Qualche riflessione sui nove punti (a cura di Italo Lana)

1. Yperefania Sentite come sono efficaci, e pungenti, Teofrasto e Evagrio Pontico (IV sec. d.C.) nel raffigurare il superbo. Teofrasto, Caratteri, XXIV: leggere tutto il capitolo (22 sole righe) e fermarsi su questa notazione:

il superbo "quando va per strada non rivolge la parola a chi incontra, va con la testa piegata in avanti e, quando gli salta il ticchio, con la testa arrovesciata all'indietro".
Evagrio, Gli otto spiriti maligni, XVII:
... "l'anima del superbo sale a grande altezza e di lì precipita giù proprio nell'abisso [...] Come chi si arrampica su una tela di ragno, così cade chi conta sulle sole sue forze".

2. Tapeinosis Marc Bloch, Apologie pour l'histoire ou métier d'historien:

"È sempre spiacevole dire: "non so", "non posso sapere". Bisogna dirlo dopo aver energicamente, disperatamente [notate questi avverbi] cercato. Ci sono momenti in cui il più imperioso dovere dello studioso, che abbia tentato tutto, sta nel rassegnarsi all'ignoranza e nel confessarla onestamente" (p. 63 della trad. ital., Einaudi 1950).

Un eccellente saggio di Arnaldo Momigliano sui problemi della paternità, della tendenza e della data di composizione dell'Historia Augusta, dopo aver approfondito ogni questione conclude con un non liquet e dice, congedandosi dai lettori: "Una conclusione negativa non può non lasciare insoddisfatto l'autore e irritati i lettori". Egli si augurava che altri affrontassero ancora il problema (nel suo Secondo contributo alla storia degli studi classici, Roma 1960, pp. 105-143, la citaz. è da pag. 134).

3. Afeleia Jacqueline de Romilly, Lettre aux parents sur les choix scolaires, Paris [1994], p. 33, ha scritto:

"I giovani non sanno ancora quanto sono modesti i veri studiosi (les vrais savants). E essi ignorano senza dubbio la difficoltà di riuscire a parlare in maniera eticamente corretta: dire ciò che veramente si pensa, dirlo con parole proprie, senza usare carte false, non è facile come sembra. È una grande arte: e la si impara. Io non conosco niente di più bello".

Questo passo è tratto dal paragrafo intitolato: "Le vie di un pensiero chiaro".

4. Akroasis Tra i quindici tipi diversi di esercizi che i giovani dovevano imparare a fare nella scuola degli Antichi c'era anche l'akroasis: imparare ad "ascoltare" la lezione (parallelo a quest'esercizio c'era quello dell'anagnosis, la "lettura": imparare a "leggere", cioè a capire il testo che si legge). Ma l'akroasis è per noi qualcosa di più: imparare ad ascoltare gli altri. Molto, anche in questo senso, si imparava da padre Michele Pellegrino, professore di Letteratura cristiana antica della nostra Facoltà. Valga a questo riguardo la mia testimonianza:

"Il mio primo incontro personale con lui avvenne il 16 luglio 1946, quando, terminato il mio esame di laurea, il Pellegrino, allora professore incaricato di Letteratura cristiana antica, che faceva parte della Commissione esaminatrice, uscì dall'aula e mi cercò, in quel tetro corridoio di Palazzo Campana, per parlarmi e interessarsi di me, delle mie vicende passate e delle intenzioni per il futuro, dei miei studi. Eppure io non ero stato suo allievo in senso proprio: quando egli aveva assunto l'insegnamento della sua disciplina, ero fuori d'Italia.
Questo comportamento del Pellegrino - che prende l'iniziativa di un colloquio con un giovane a lui del tutto sconosciuto - in quegli anni in cui era veramente difficile per gli studenti avviare un vero colloquio persino con i professori con cui ci si laureava -, quel comportamento del Pellegrino era del tutto eccezionale.
Mette conto domandarsi quale fosse la motivazione di quell'apertura del professor Pellegrino nella direzione degli studenti. Certamente agiva in lui il fatto di essere sacerdote, ma più ancora - io credo - contava per lui l'interesse verso l'uomo. Egli era una delle pochissime persone, fra quelle che ho avuto occasione di conoscere e di frequentare nel mondo universitario torinese e di altre Università, che sapeva prendere l'iniziativa di un colloquio e farsi ascoltatore di chi si rivolgeva a lui." (Dal vol. Cristiani e cultura a Torino, Ed. Angeli, [Milano 1988], pp. 336-337).

5. Pistis Prendiamo esempio da Strabone, storico e geografo dell'età di Augusto, che, introducendo il suo grande trattato di Geografia, osserva che al geografo è necessario fidarsi dei dati che gli forniscono, per i suoi studi, i geometri e gli astronomi, perché il geografo non può essere anche un geometra e un astronomo:

[...] "Il geografo deve quindi, per ciò che riguarda i suoi punti di partenza, fidarsi dei geometri, che hanno misurato la terra nel suo complesso, il geometra deve fidarsi dell'astronomo e l'astronomo del fisico" (2.5.2; v. anche 1.1.20 e altrove).

6. Kindynos Un celebre storico francese vissuto a cavallo degli ultimi due secoli, Charles Seignobos (1854-1942), si rivolgeva, polemicamente, agli storici del suo tempo, a quelli che erano troppo prudenti e preoccupati del loro particulare, e, per provocarli, immaginava che essi dicessero a se stessi: "È utilissimo porsi i problemi, ma pericolosissimo rispondervi" (presso M. Bloch, op. cit., trad. it., p. 32). Noi invece riteniamo che il rischio di proporre una risposta ai problemi vada affrontato, perché la ricerca che non tenta risposte ai problemi non è niente altro che erudizione: e riteniamo che non metta conta impegnare le proprie forze e il proprio tempo per diventare un don Ferrante del XX secolo.

7. Andreia Ogni v.r. mette alla prova il suo coraggio anche... nei riguardi di se stesso. Può avvenire infatti che non sappia decidersi a pubblicare i risultati della sua R. Sentite come la pensava Henri Irénée Marrou, grande storico e filologo del nostro tempo:

"La ricerca storica è di per sé senza confini definiti: ogni problema, quando viene approfondito, ne solleva altri che la ricerca suppone risolti e invece bisogna impegnarsi - lasciando da parte ogni altra cosa - a risolverli preventivamente. Di qui un movimento all'indietro, una ramificazione della ricerca che, un passo dopo l'altro, si allarga sempre più, e fino a che punto? Ogni sintesi appare provvisoria e si mostra come un'ipotesi che, verificata, chiede di essere ripensata. E così via, ad infinitum Di qui la tentazione - e come stupirsi che tanti non riescano a sottrarvisi? - di non uscire mai dalla ricerca, di non essere capaci di fermarsi, di concludere, di scrivere la parola fine" (nel vol. L'histoire et ses méthodes, [Paris 1961], p. 1535).

8. Synergia

"...lo storico più geloso della sua indipendenza sa (e se ne rende conto) di essere debitore nei riguardi di tutti quelli che hanno lavorato prima di lui e egualmente dei suoi contemporanei, trattino, essi, o non trattino gli stessi problemi, parlino o non parlino la sua stessa lingua. Solidali per necessità, gli storici, per dire il vero, non si sono mai ignorati tra di loro [qui c'è un eccesso di ottimismo perché non è affatto vero che tutti gli storici non abbiano mai ignorato i loro predecessori...], ma questa messa in comune degli sforzi e dei mezzi non è forse mai stata avvertita tanto necessaria e indispensabile quanto ai giorni nostri" (M. François, nel vol. cit. L'histoire et ses méthodes , p. 1455).

9. Parresia A questo riguardo non mi pare il caso di aggiungere niente a quanto ho già scritto.

Italo Lana