Ricordo di Italo Lana

Nel novembre del 1969, in un’aula del nuovo palazzo umanistico dell’Università di Torino, folta di studenti stranamente tranquilli, dati i tempi, aspettavo con qualche trepidazione l’arrivo di un professore sui cui libri avevo studiato intensamente per tutti gli anni liceali. Mi apparve un po’ diverso da come l’avevo immaginato: più alto e imponente. Nell’emozione non mi accorsi che tutti si stavano alzando in piedi e una compagna dovette segnalarmelo. Era insolito ormai, in clima di contestazione, ma Italo Lana lo pretendeva e lo otteneva senza difficoltà: segno esteriore di un rispetto che non volle mai venisse meno, reciprocamente, fra docenti e studenti.
   La prima annotazione che trovo negli appunti di quel corso è la citazione di Max Weber, Il lavoro intellettuale come professione: senza commenti, solo un rinvio. Rileggendo ora il saggio[1] mi rendo conto, meglio di quanto allora potessi fare, delle implicazioni importanti che il discorso di Weber aveva per lui e dello spazio che queste posizioni ebbero nel suo concreto agire come ‘scienziato’ e come ‘maestro’. Penso in particolare all’accento posto insistentemente da Weber sulla ‘probità intellettuale’ che deve stare alla base del lavoro del docente universitario, il cui compito consiste nel comunicare agli allievi le proprie conoscenze e le proprie esperienze scientifiche, non nel fare proselitismo, nell’insegnare anzi a “rendersi conto dei fatti imbarazzanti” per la propria “opinione di partito”. Se assolve a questo compito, continua Weber, il professore universitario compie “un’opera non soltanto intellettuale, ma – oserei dire – un’ «opera morale»” (pp. 30 s.). Ebbene, questa connessione profonda tra moralità scientifica e moralità umana è stata sempre un punto qualificante della visione degli studi di Italo Lana: parlando dei suoi maestri, nella “Conversazione” con Giovanna Garbarino e Lucio Bertelli pubblicata in apertura del volume di studi dedicatogli dagli allievi alcuni anni fa, egli sottolinea ripetutamente la statura morale degli studiosi (Rostagni, De Sanctis, Momigliano) e individua come caratteristica peculiare dello studio delle discipline classiche nell’Università torinese il legame tra “gli aspetti tecnici del lavoro scientifico” e “la saldezza della formazione morale degli studiosi … con la riconosciuta supremazia dei valori propri dell’uomo”[2]. Di tali valori il primo, “qualificante l’uomo in quanto uomo (e tanto più l’uomo di cultura)”, è indicato da Italo Lana nella fede nella libertà, tanto gravemente conculcata dal fascismo e dal nazismo nel secolo XX: le vicende del padre, che perse il lavoro per aver collaborato ad organizzare gli scioperi delle ferrovie immediatamente precedenti l’avvento del fascismo in Italia, la propria prigionia in Germania negli ultimi due anni del secondo conflitto mondiale, avevano certo contribuito a rendere acuta la sua sensibilità sul tema della libertà, con l’analisi del quale nel mondo antico non a caso egli aprì, nella prolusione pisana del 1953[3], e concluse, nel corso universitario del 1990-91[4], la sua attività di docente universitario.
   Le scelte tematiche di ampio respiro furono invero una costante della sua attività di studioso: accanto a quello della libertà si pongono, in perfetta coerenza di prospettiva, i temi della pace[5] e del lavoro[6], che realizzano nell’impegno di ricerca quella centralità dei “valori dell’uomo”[7] a cui lo orientava la sua posizione di intellettuale cattolico. Una posizione chiaramente affermata e perseguita, senza settarismi, con totale rispetto delle posizioni diverse dalle sue. Italo Lana attribuisce all’influenza di Giuseppe Lazzati, incontrato nel campo di Sandbostel, e alle lezioni che lo studioso di Letteratura cristiana antica, già allora illustre, tenne ai compagni di prigionia sulle epistole di S.Paolo, la propria “riscoperta della fede in Dio” e la maturata consapevolezza di ciò che “è essenziale e irrinunciabile per l’uomo”.
   Anche ad un altro studioso di Letteratura cristiana antica Italo Lana conferisce rilievo, nell’ambito della scuola torinese, come portatore dei valori di umanità in cui egli si identificava: Michele Pellegrino[8]. Nel rievocarne la figura gentile che “vedeva negli studenti e nei colleghi anzitutto l’uomo”, egli ne sottolinea con particolare forza la parrhesía, dimostrata non solo come studioso, ma soprattutto come vescovo: significativo è l’accento che pone sugli interventi del cardinale al Concilio Vaticano in difesa della libertà di ricerca e di espressione che la Chiesa deve garantire a chi svolge lavoro intellettuale. L’uomo, e in particolare l’intellettuale, inserito nella “comunità di cittadini”, il suo rapporto con l’autorità, lo spazio di autonomia che riesce – o non riesce – a costruirsi rispetto allo stato e ai condizionamenti che esso gli pone: ecco un altro dei grandi temi che attraversano l’attività di ricerca di Italo Lana, declinato in forme diverse, dai primi studi orientati all’indagine del pensiero politico greco (in particolare sui Sofisti e le loro idee in merito all’origine dello stato, sulle teorie egualitarie degli utopisti greci, sui precedenti del cosmopolitismo cinico-stoico[9]), ai successivi dedicati al mondo latino, su Velleio Patercolo e Quintiliano “propagandisti” o “collaboratori” del potere politico[10], sulla storiografia, da Sallustio a Tacito al basso impero[11], e infine a Seneca, l’autore antico che più di ogni altro Italo Lana certo ha amato, e di cui ha indagato in studi sempre attuali la parabola politica e spirituale, l’inquieta ricerca di un ruolo, il colloquio con l’umanità[12].
   L’interesse che muove gli studi di Italo Lana è rivolto, con tutta evidenza, ai contenuti di cui le letterature antiche sono portatrici, mentre molto meno lo interessano le strutture formali: ad esse egli dedica attenzione ogni volta che la loro chiarificazione giova alla migliore comprensione del messaggio comunicativo del testo. Quel che gli preme è giungere al pensiero dell’autore, alle sue idee, ai valori che propone, ricostruire il contesto storico in cui operò: storia delle idee, dunque, e anche storia degli uomini, in una prospettiva che avvicina i suoi studi di storico della letteratura a quelli degli storici propriamente detti. Ho vivo il ricordo degli interventi di Italo Lana nelle numerose e ampie discussioni che accompagnarono negli anni ’80 la formazione dei Dipartimenti, a sostituzione degli antichi Istituti, per il coordinamento della ricerca universitaria: in tali interventi più volte egli tenne a ribadire quanto ritenesse fondamentale che gli insegnamenti delle discipline storiche si accompagnassero a quelli delle letterature coeve nelle stesse strutture di ricerca e molto si rammaricò quando questa prospettiva scientifica si scontrò con la tendenza degli storici ad aggregarsi fra loro diacronicamente, separandosi dagli altri ambiti disciplinari.
Da questa impostazione derivava a Italo Lana anche l’apertura programmatica ad una gamma di testi particolarmente ampia. Soleva dire a studenti e laureandi, e lo ribadisce nella citata Conversazione, che tutta la documentazione scritta va tenuta in considerazione per “ricostruire le vicende di una civiltà e il suo sistema di valori”, dalle opere letterarie alle tavolette di Vindolanda, all’epigrafe della moglie del sellaio di Corfinio[13]: un bellissimo seminario specialistico interdisciplinare ricordo, in anni lontani, in cui analizzammo insieme, storici e letterati del mondo antico dell’Università di Torino, l’epigrafe del mietitore di Mactar, unendo riflessioni sugli echi virgiliani presenti nel breve componimento poetico a considerazioni sulle pratiche e sulla cultura dei lapicidi, sulle condizioni dell’Africa romana e della sua economia. E tale ampiezza di sguardo si esprime anche nell’interesse che egli dimostrò per il tema della concezione della scienza e della tecnica: pagine di Vitruvio, Manilio, Grazio, Celso e Scribonio Largo vengono analizzate da Italo Lana, insieme ad altre di Orazio, Fedro, Seneca, Tacito, Svetonio, per illuminare le idee sul progresso delle conoscenze umane e individuare il rapporto tra cultura ‘umanistica’ e cultura tecnico-professionale[14]. Che è un altro modo per prestare attenzione alla società e al lavoro dell’uomo in essa, sia egli un contadino di Mactar, un medico, un architetto, un filosofo o un poeta. Di nuovo il letterato si avvicinava allo storico, e forse storico del mondo antico Italo Lana avrebbe amato essere considerato, ancor prima che letterato.
   All’insegnamento di Augusto Rostagni, allievo di Gaetano De Sanctis, egli attribuiva questo modello metodologico di unione di filologia e storia, e al Rostagni faceva risalire anche quella concezione unitaria del mondo greco e romano, come un’unica ‘civiltà letteraria’ esprimentesi in due lingue, che sempre ricordo di avergli sentito ribadire ad ogni generazione di allievi [15]. A questa idea del maestro, fatta così intensamente propria, egli diede non molti anni fa (1998) una splendida realizzazione con la pubblicazione presso la casa editrice UTET dei tre volumi di Storia della civiltà letteraria greca e Romana, curata insieme ad Enrico Maltese.
   L’opera costituisce uno dei più recenti risultati di una vasta progettualità editoriale a cui Italo Lana si dedicò in tutto il corso della sua attività e fino agli ultimi giorni della vita. Ancora un mese prima della sua scomparsa, nell’ultimo lungo e affettuoso incontro che ebbi con lui, lo trovai, seppure un po’ affaticato, alla scrivania del suo studio intento a organizzare i nuovi volumi delle collane dei classici greci e latini della UTET, proponendone i contenuti, prendendo contatto con gli autori, conducendo i contratti alla firma; quasi a contendere alla fine imminente, di cui era conscio, il dominio su quel futuro verso il quale il suo ancora intatto vigore intellettuale era teso.
   Tensione verso il futuro e apertura al nuovo furono del resto caratteristiche costanti del suo operare nell’Università e fuori di essa. Sono note la capacità propositiva e la lungimiranza che lo portarono a promuovere nell’Università di Torino l’inserimento di nuove discipline di insegnamento, alcune delle quali destinate ad un notevole successo, in seguito, anche in altri Atenei italiani: la storia del pensiero politico antico, la storia della retorica classica, la didattica delle lingue classiche. In particolare l’attenzione per la didattica faceva parte dell’interesse vivissimo che Italo Lana sempre ebbe nei confronti della scuola, tema di tanti suoi interventi su giornali e riviste specializzate e in convegni dedicati alla scuola secondaria, ad ogni nuovo progetto di riforma che nei decenni si è venuto succedendo[16]: ben prima dell’attuazione delle SSIS (Scuole di Specializzazione per Insegnanti Secondari) egli propugnava la collaborazione organica tra università e scuola secondaria per la formazione dei nuovi insegnanti, che ora si sta dimostrando feconda di buoni risultati, e tale collaborazione tentava di realizzare nell’ambito della sua attività didattica torinese organizzando alla fine di ogni anno seminari residenziali a cui erano invitati a partecipare gli studenti che in quell’anno avevano seguito i seminari universitari di latino, i laureandi di letteratura e lingua latina, i laureati di diverse età che operavano già a vario titolo nelle scuole o nell’editoria scolastica. Per molti dei giovani che in tal modo egli radunava periodicamente, questi incontri, fatti di lavoro comune, ma anche di convivialità e di approfondimento del rapporto umano col maestro e con i compagni – aspetti di ‘condivisione’ ai quali Italo Lana molto teneva – rimangono tra i momenti più vivi della loro esperienza universitaria.
   L’attenzione per i giovani e l’apertura al nuovo si manifestano anche nell’interesse con cui Italo Lana seguì fin dall’inizio gli sviluppi delle nuove tecniche informatiche per la realizzazione di banche dati di testi e il lavoro su di essi. Già a metà degli anni ’80 invitò gli allievi che lavoravano con lui a seguire un corso di informatica e ricordo l’affaticarsi di alcuni colleghi e mio sui diagrammi di flusso. Quando qualche tempo dopo scoprì che stavo preparando col mezzo tradizionale di innumerevoli schedine un lessico di base per lo studio di un testo tardo-antico che allora avviavo, con autorevole fermezza mi indusse ad avvalermi dei nuovi mezzi informatici di indicizzazione. Era anche tra i fautori dell’apertura di riviste informatiche, che consentissero la fruizione on-line dei risultati del lavoro scientifico, e qualche anno fa volle pubblicare un suo articolo, oltre che sulla Rivista di Filologia e di Istruzione classica, anche su Arachnion, rivista elettronica curata da Emanuele Narducci e Maurizio Lana [17].
   L’impegno a parlare con voce moderna, nei metodi di indagine e nei contenuti, per adeguarsi alla sensibilità degli allievi e suscitare il loro interesse e insieme per mostrare la vitalità dello studio delle letterature antiche, capaci di confrontarsi proficuamente coi prodotti più recenti dell’ingegno umano, è uno dei caratteri costanti del lavoro di Italo Lana. E’ il carattere che molti studenti, come me, hanno incontrato per primo negli anni liceali, in particolare nella fortunata Antologia della letteratura latina, curata insieme ad Armando Fellin, per tanti anni largamente diffusa nelle scuole italiane [18]. Sfogliando le prime pagine del terzo volume, un po’ sgangherato dal tempo e dall’intenso uso, ritrovo nel capitolo dedicato ad Adriano i numerosi rinvii alle letterature europee contemporanee, che arricchiscono l’opera di echi e suggestioni: dalla fantasia paesaggistica di Kafka, nella passeggiata della Descrizione di una battaglia, accostata alla fantasia ‘realizzata’ della villa adrianea, all’interpretazione romantica di Byron dell’animula vagula blandula, all’ampia pagina delle Mémoires d’Hadrien di Marguerite Yourcenar riportata a illustrazione di un’interpretazione intimistica moderna da cui si prendono le distanze. Un’attualizzazione critica e prudente, che apre un dialogo fecondo tra autori antichi e moderni e intende mostrare quanto, nella reciproca ben definita individualità, la letteratura del mondo antico sia presente nella formazione e nella memoria dei moderni, tanto da costituirne un presupposto imprescindibile: quale modo migliore per ribadire la necessità di mantenere spazio adeguato all’insegnamento delle letterature classiche nella scuola di oggi, tentata dall’oblio dell’antico?
   Quanto siamo venuti dicendo sugli interessi e sul lavoro di Italo Lana ci trasmette l’immagine di un uomo positivo, proiettato nell’azione e nella società. Ma questa proiezione all’esterno era accompagnata da una profonda interiorità, che si manifesta in particolare negli studi sulla poesia di Virgilio[19]. L’interpretazione che Italo Lana ne propone si organizza intorno ai temi dominanti del dolore e della morte. La sofferenza e la morte degli innocenti suscitano domande senza risposta al poeta antico: i giovenchi nelle Georgiche muoiono benché siano senza colpa e si siano sottomessi all’etica del lavoro: quid labor aut benefacta iuvant? La magia del canto non sa rivelare ad Orfeo il mistero della morte. Anche quando Enea è giunto nell’Ade e pare aver ricevuta da Anchise la risposta ad ogni interrogativo, con la rivelazione “che la vita dell’uomo, la sua virtus, i suoi labores, la sua morte hanno senso perché porteranno alla nascita di Roma, del suo impero, alla diffusione della civiltà tra gli uomini” [20], l’assurdo della condizione umana si riaffaccia subito col destino di morte del giovinetto Marcello, bello, generoso, innocente: manibus date lilia plenis, per il primo dei giovani morti che si succedono trapuntando di dolore senza conforto la seconda parte del poema di Enea.
   La poesia come ricerca del senso dell’esistenza umana, il cui colore dominante è l’infelicità: è suggestiva l’analisi dell’idea di felicità in Virgilio[21], sempre posta in un altrove e mai attualmente vissuta: riconosciuta negli altri, che ne sono inconsapevoli, o ipotizzata come una possibilità che non si è realizzata; identificata in ogni caso con la quies, la requies laborum, l’uscita dalla storia, anche con la morte, come nel caso di Polissena e della madre di Pallante.
   Il senso che la storia, nel realizzare il destino provvidenziale di Roma, dà alla morte dell’individuo non basta per superarne l’angoscia: ecco la ragione profonda della malinconia virgiliana, nella prospettiva di Italo Lana, per il quale la gioia del vivere e la serenità del morire avevano bisogno di prospettive più vaste e universali.

Raffaella Tabacco

 

[Pubblicato nel Bollettino di Studi Latini, XXXII, f. II]

Note

1. Max Weber, Il lavoro intellettuale come professione, Torino, Einaudi, 1948

2 Cf. Conversazione, in De tuo tibi. Omaggio degli allievi a Italo Lana, Bologna, Pàtron, 1996, p. 38.

3 La libertà nel mondo antico, Prolusione al corso di Letteratura latina nell'Università di Pisa, in Riv. di Filol. e di Istruz. Class. 33, 1955, pp. 1-28 (ripubblicato in Studi sul pensiero politico classico, Napoli, Guida, 1973, pp. 13-39).

4 Studi sulla libertà nell'antica Roma, Torino, Giappichelli, 1991.

5 Su questo tema Italo Lana lavorò per un trentennio; si vedano, fra gli altri, La pace nel mondo antico, in Studia et Docum. Hist. et Iuris 33, 1968, pp. 1-18; L'idea della pace in Aristotele, Cicerone, Agostino , in AA.VV. Cultura e lingue classiche II, Secondo Convegno di aggiornamento e di didattica (Roma 31 ottobre - 1 novembre 1987), a cura di B. Amata, Roma, 1988, pp. 27-66; Studi sull'idea della pace nel mondo antico, in Mem. dell’Acc. delle Scienze di Torino 5. 13. 1-2, 1989, pp. 3-68; L'idea della pace in Orazio, in AA.VV., Mnemosynum. Studi in onore di Alfredo Ghiselli, Bologna, Pàtron, 1989, pp. 327-334; La concezione ciceroniana della pace, in Ciceroniana, Atti del VII Colloquium Tullianum (Varsavia, 11-14 maggio 1989), Centro di Studi ciceroniani, n.s. VII, Roma, 1990, pp. 45-59; L'idea della pace nell'antichità, S. Domenico di Fiesole, Ed. Cultura della Pace, 1991; Il pensiero di Sallustio sulla pace, in Atti dell’Acc. delle Scienze di Torino 125, 1991, pp. 15-29; Tacito: l'idea della pace, in Atti del Convegno nazionale di Studi su La pace nel mondo antico (Torino 9-11 aprile 1990), a cura di R. Uglione, Torino, Ass. Ital. di Cult. Class., 1991, pp. 227-241.

6 Cf., fra gli altri, L'idea del lavoro a Roma, Torino, Giappichelli, 1984; Sapere, lavoro e potere in Roma antica, Napoli, Jovene, 1990. Il tema non è affrontato solo nei suoi aspetti teoretici, ma anche in quelli materiali delle condizioni dei lavoratori: si vedano in particolare La condizione dei minatori nelle miniere secondo Plinio il Vecchio e altri autori antichi, in Mem. dell’Acc. delle Scienze di Torino 5. 9, 1984-1985, pp. 143-177; Plinio il Vecchio: miniere d'oro e minatori (Nat. Hist. XXXIII 70-73), in Aufidus 10, 1990, pp. 147-160.

7 Cf. Conversazione cit., p. 32: “nei mesi del lager maturai l’orientamento di porre l’uomo e i valori dell’uomo … al centro dell’interesse dei miei studi rivolti al mondo antico”.

8 Cf. Conversazione cit., pp. 34 ss.

9 L'utopia di Ippodamo di Mileto, in Rivista di Filosofia 40, 1949, pp. 125-151; Protagora, Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino 2.4, Torino, 1950; Diagora di Melo, in Atti dell’Acc. delle Scienze di Torino 84, 1949-1950, pp. 161-205; Le dottrine di Protagora e di Democrito intorno all'origine dello Stato, in Rendic. della Classe di Scienze morali, stor. e filol. dell’Accad. dei Lincei 8. 5, 1950, pp. 184-211; Le teorie egualitarie di Falea di Calcedone, in Riv. critica di Storia della Filos. 5, 1950, pp. 265-276; L'utopia di Teopompo, in Paideia 6, 1951, pp. 1-22; L'etica di Democrito, in Rivista di Filosofia 42, 1951, pp. 13-29 (tutti questi lavori sono ripubblicati nel volume Studi sul pensiero politico classico, cit. sopra n. 3).

10 Si veda in particolare: Velleio Patercolo o della propaganda, Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino 4.2, 1952; La teorizzazione della collaborazione degli intellettuali con il potere politico in Quintiliano, Institutio oratoria, libro XII, Torino, Giappichelli, 1973.

11 La storiografia del basso impero. La dissoluzione della storiografia pagana negli ultimi secoli di Roma, Torino, Gheroni, 1963; Le Historiae di Tacito, Torino, Giappichelli, 1968; Solitudine di Sallustio. (Dalla politica alla storiografia), in AA. VV., Sallustiana, Università de L'Aquila, 1969, pp. 65-78; Civilis, civiliter, civilitas in Tacito e in Svetonio. Contributo alla storia del lessico politico romano nell'età imperiale, in Atti dell’Acc. delle Scienze di Torino 106, 1972, pp. 465-487; Tacito. L'intellettuale e il potere, Torino, Giappichelli, 1977; La storiografia latina pagana del IV sec. d. C., in Koinonia 3, 1979, pp. 7-28.

12 Cf. almeno Lucio Anneo Seneca, Biblioteca di filologia classica, Torino, Loescher-Chiantore, 1955; L. Anneo Seneca e la posizione degli intellettuali romani di fronte al principato, Torino, Giappichelli, 1964; Seneca e la politica, Torino, Giappichelli, 1970; I principi del buon governo secondo Cicerone e Seneca, Torino, Giappichelli, 1981; Seneca: la vita come ricerca, in AA.VV. Seneca e la cultura, a cura di A. Setaioli, Napoli, 1991, pp. 11-31.

13 Cf. Conversazione cit., p. 40.

14 Scienza, tecnica e lavoro nel mondo antico, in Studium, 1965, pp. 366-371; La concezione della scienza e della tecnica a Roma da Augusto a Nerone, I. Antologia di testi, II. Lezioni, Torino, Giappichelli, 1970-71; Scienza e tecnica a Roma da Augusto a Nerone, in Atti dell’Acc. delle Scienze di Torino 105, 1971, pp. 19-44.

15 Cf. ancora Conversazione cit., pp. 31, 34, 36, 38.

16 Cf. fra gli altri Qualche pensiero sulla questione del latino nella scuola italiana, in Studium, 1962, pp. 502-509; Per una riforma dello studio del latino e del greco nei licei classici, in Studium, 1965, pp. 179-190; Il latino nella cultura e nella scuola, in Ann. Pubbl. Istr. 29. 6, Firenze, Le Monnier, 1983, pp. 661-668; L'educazione linguistica nella scuola media e il riferimento all'origine latina dell'italiano, in Dal latino all'italiano. Lingua e civiltà, Atti del seminario di aggiornamento per docenti di scuola media di I grado a cura di M. Bevilacqua e D. Lassandro, (Bari, Istituto di Latino dell'Università degli Studi 20 gennaio - 24 marzo 1983), Bari, Mario Adda Editore, 1983, pp. 21-35; La conoscenza dell'antico nella scuola di oggi e di domani, in Studium, 1984, pp. 711-724; Il posto della letteratura latina nello studio delle civiltà antiche, in AA.VV. Il latino e il greco nella scuola oggi. Esigenze e strumenti per la didattica, Foggia, Atlantica Ed., 1985, pp. 67-85; La storia della civiltà letteraria greca e romana e la religione, in AA. VV., Giovani, cultura religiosa e scuola, a cura di A. Santoro, Roma, UCIIM, 1986, pp. 204-219; Introduzione a AA.VV., Il latino nella scuola secondaria, a cura di I. Lana, Brescia, La Scuola, 1990, pp. 5-13; Gli autori antichi nella scuola di oggi, ibidem, pp. 40-52; Riflessioni sulla didattica del latino, in Aufidus 11-12, 1990, pp. 85-100.

17 Q. Giulio Ilariano e il problema della storiografia latina cristiana nel IV secolo, in Riv. di Filol. e di Istruz. Class., 123, 1995, pp. 73-89, diffuso anche in edizione elettronica in Arachnion. A Journal of Ancient Literature and History on the Web, 3.

18 Antologia della letteratura latina. I. Dalle origini all'età di Cicerone; II. Da Augusto a Traiano; III. Da Adriano a Onorio, Messina-Firenze, D'Anna, 1965-1969 (in collaborazione con A. Fellin).

19 La poesia di Virgilio, Torino, Giappichelli, 1966; La poesia di Virgilio2, Torino, Giappichelli, 1974 (con due contributi di C. Carena e C. Magris); L'eroe epico e il mistero della conoscenza: un tentativo di lettura dell'Eneide, in Atti dell’Acc. delle Scienze di Torino 108, 1974, pp. 655-685; Gli umili nella poesia di Virgilio, in Cultura e Scuola, 1982, pp. 60-68; L'Eneide, poema incompiuto, in Studium, 1983, pp.49-56; Lettura del terzo libro dell'Eneide, in Lecturae Vergilianae, a cura di M. Gigante, vol. III, L'Eneide, Napoli, Giannini, 1983, pp. 101-128; La poesia di Virgilio. Un itinerario di lettura, in AA.VV. Vergilius Romanus II: Volume di commento all'edizione in facsimile del codice Vat. Lat. 3867, a cura di I. Lana, Milano, Jaca Book, 1986, pp. 13-42 (trad. ted. Vergils Dichtung: ein Leitfaden zur Lektüre, Zürich, Belser Verlag, pp. 233-267).

20 Cf. Italo Lana, Virgilio, in Storia della civiltà letteraria greca e Romana cit., vol. II, p. 684.

21 Virgilio e la felicità, in Atti del convegno nazionale di studi su Virgilio (Torino 1-2 maggio 1982), a cura di R. Uglione, Torino, AICC, 1984, pp. 35-53; Quid de felicitate Vergilius senserit, in Atene e Roma n.s. 29, 1984, pp. 56-69.